Dott.ssa Sara Garibaldo – Psicoterapia Roma Ostiense San Paolo
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Le conseguenze della violenza sulla salute della donna Psicoterapia Roma Ostiense San Paolo
La violenza, in tutte le sue forme, ha un profondo impatto sulla salute fisica e mentale della donna che la subisce. I danni fisici, psichici e comportamentali individuati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e da tutti i principali organismi internazionali sono i seguenti:
Subire violenze fa indubbiamente male alla salute. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità,
“la violenza contro le donne rappresenta un problema di salute enorme … A livello mondiale, si stima che la violenza sia una causa di morte o disabilità per le donne in età riproduttiva altrettanto grave del cancro e una causa di cattiva salute più importante degli effetti degli incidenti stradali e della malaria combinati insieme”.
Conseguenze dirette e indirette
Le conseguenze della violenza sulla salute possono essere dirette o indirette (se considerate dal punto di vista fisico o psicologico). Le conseguenze dirette di un’aggressione fisica consistono essenzialmente in fratture, lividi e lesioni. Nel caso invece di violenza sessuale, c’e il rischio di una gravidanza indesiderata, di una malattia sessualmente trasmissibile o dell’AIDS. Le conseguenze indirette sono invece scatenate dallo stress e mediate dal malfunzionamento del sistema immunitario e possono colpire qualsiasi organo o funzione.
Un altro modo attraverso il quale la violenza può compromettere la salute riguarda i comportamenti a rischio. La donna abusata può smettere di mangiare, trascurare la sua salute, non compiere i controlli sanitari necessari, consumare troppi farmaci, fumare o “auto medicarsi” con alcol o droghe. Le donne vittime di maltrattamenti accusano più spesso problemi di salute rispetto alle donne che non ne subiscono.
Sul piano psicologico invece, conseguenze dirette di violenze fisiche o sessuali possono essere rappresentate da reazioni di ansia acuta, di dissociazione, o di numbing (rallentamento e intorpidimento delle reazioni) e, nei casi più gravi, da sindrome post-traumatica da stress. Anche violenze di natura psicologica – scenate, minacce, segregazione in casa – possono scatenare gravi reazioni sul piano psicologico. A medio e a lungo termine, la conseguenza psicologica più frequente è però la depressione. Numerose ricerche mostrano infatti che le donne maltrattate dal partner hanno un rischio di depressione 4/5 volte maggiore rispetto alle altre donne.
Come si vede, la violenza non lascia solo segni fisici. Spesso ben più profonde appaiono le ferite psichiche che la violenza ( soprattutto quella intrafamiliare e del partner ) produce. Tutte le ricerche sulle donne vittime di violenza riportano che le donne soffrono maggiormente per gli effetti che la violenza genera nella loro psiche più che sul loro corpo.
Perché le donne non se ne vanno?
Non è la passione a generare in un uomo azioni violente verso la propria compagna: lo scopo della violenza è il dominio. Il processo attraverso cui un uomo impone il proprio dominio su una donna è graduale e non si fonda esclusivamente sull’uso della forza fisica, ma anche e soprattutto sulla violenza psicologica. Difficilmente infatti si accetterebbero certi tipi di maltrattamenti se questi non fossero preparati da un graduale processo di condizionamento.
Perché le donne non se ne vanno? La risposta risiede nel circolo della violenza, che tiene insieme, attraverso legacci strettissimi, la vittima con il carnefice. Le donne vittime di violenza sono immobilizzate nelle maglie della violenza psicologica, che ha l’effetto da un lato di farle sentire in colpa per quanto accade, dall’altro impotenti di poter avere un destino diverso. L’uomo violento rimanda continuamente alla donna di essere la causa della sua reazione spropositata, di averlo fatto arrabbiare e, spesso, la persuade di meritare le umiliazioni e le percosse che le vengono inflitte.
Le percosse fisiche raramente arrivano all’improvviso ma sono preannunciate da piccole molestie, che possono non sembrare apertamente ostili, in quanto di bassa intensità. Lentamente le donne perdono spirito critico e, attraverso un processo di abituazione agli stimoli violenti, inizieranno a valutarli come normali. Parallelamente più aumentano gli episodi di violenza, più la donna si sente insicura.
Il “plagio”
Il processo di “plagio” si struttura attraverso due fasi, quella della seduzione e quella della minaccia. Il “plagio” è un processo lento che passa attraverso l’isolamento e la messa in dubbio delle proprie capacità e l’abuso fisico arriva dopo la seduzione, la persuasione, la manipolazione e, a volte, la coercizione. A queste forme di controllo, va aggiunta anche l’induzione del senso di colpa e della paura, attraverso la minaccia del suicidio o dell’allontanamento dei figli, in caso di separazione. Quando una persona percepisce di non avere il potere di modificare l’ambiente circostante, entra in una condizione chiamata di “impotenza appresa” (M. Seligman 1975; 1978).
Si tratta di uno stato di passività e di difficoltà a trovare soluzioni, che blocca la donna e le impedisce di sottrarsi alla violenza, chiedendo, ad esempio, aiuto. La dinamica tra donna e partner violento comporta in taluni casi l’obbligo a non mettere in atto alcuni comportamenti. In altri casi la donna sceglie attivamente di rinunciare, ad esempio, ad uscire o ad abbigliarsi in modo solito, per prevenire la lite. Ciò comporterà, per la donna, uno sfaldamento progressivo nel proprio senso di sé, con una conseguente riduzione della propria autostima, una ridotta capacità di problem solving e maggiori dubbi. Quindi una sempre minore probabilità di lasciare il partner violento.
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Sara Garibaldo, Psicologo Psicoterapeuta a Roma Ostiense San Paolo. Ricevo presso lo Studio PsiCo a largo Luigi Antonelli 14 a Roma ed anche in via Vito Bering 4, in zona Stazione Ostiense.